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Nello Biondi: "Giuseppe Mainini. Pittore - Xilografo - Acquafortista - Litografo - Poeta". PDF Stampa E-mail

 Da: Giuseppe Mainini. Pittore - Xilografo - Acquafortista - Litografo - Poeta, in «L’arte nelle Marche», n. 5, Macerata 1979, pp. 23-30.

di Nello Biondi  

« […] Giuseppe Mainini è nato a Macerata nel 1898, da babbo Alfredo, umbro (di Castelvecchio – una frazione di Preci, un piccolo comune situato a 593 m. con meno di 2000 abitanti – venuto a Macerata, chiamato da uno zio sacerdote) e dalla maceratese Giulia Santini.           

[…] Frequenta la scuola privata, in via Mozzi, fino alla 2a elementare. Poi la statale fino alla 5a. Durante la frequenza della terza classe, sfoglia casualmente la rivista Secolo XX. Un’illustrazione lo sorprende. E’ un’acquaforte di Vitalini di Camerino, pubblicata a corredo di una commemorazione dell’artista. Entra nel suo animo e gli provoca una “passione latente” che porta fino al termine della prima guerra mondiale.           

Già disegnava e da tempo. Mainini è stato prima di tutto un instancabile innamorato del disegno, iniziato fin da bambino, progredendo con costante gradualità fino a darci delle opere sorprendenti. Ogni oggetto è stato per lui buono ed interessante… “Sono nato con l’amore per l’arte” ci dice. Ed è la verità, lo si nota conversando. Era buona ed utile qualsiasi carta, bianca o gialla, verde o grigia, purché atta ad appagare l’innata inclinazione artistica.           

[…] Nel citare i grandi artisti del passato, parla con entusiasmo commovente di Michelangelo, Raffaello; poi dei Maestri incisori ci dice:… “Rembrandt è quello che ho apprezzato ed apprezzo più di tutti”…           

Tutte le sue opere, dalla pittura alle acqueforti, dalle xilografie alle litografie, alle poesie. Sono “creature” dotate di un linguaggio chiaro ed aperto, semplice e lineare, formano un volume gigantesco, sul cui frontespizio, domani, i veri critici scriveranno a caratteri cubitali:… Opera di un figlio dell’ARTE!”.           

L’esercizio della libera professione (di geometra) è stato lineare, come la sua arte. Le sue opere parlano anche in questo campo. Votato alla famiglia con la serietà dell’uomo ricco di una non comune educazione, rispetto e senso pieno di responsabilità.           

Nel campo dell’arte Mainini non ha perduto un istante il contatto con la natura; ha amato la campagna con tutte le sue cose: la gallinella e il cane, il gatto e il bue, uno o più pagliai o la casetta rustica, gli ulivi, le querce, l’aratro o la campagna in fiore, le commoventi scenette campestri erano i soggetti più naturali ad entusiasmare uno spirito già ricco di emotività e di amore verso le cose semplici e chiare. Ogni cosa riguardante la vita quotidiana.            

[…] Mainini non è mai stato succube del progresso meccanico-industriale. Lo ha vissuto e studiato. Si è inserito nei mezzi moderni professionalmente ma non come artista. Le sue “armi” non hanno subito il richiamo della modernizzazione per aumentare la “produzione”… artistica e così inserirsi nel “mercato”.           

Non si è mai affidato a questo o a quel grande “gallerista” per lanciare le sue opere nella “platea consumistica mondiale”. Ha rifiutato le grandi firme di critici insigni per aderire a quelle di sinceri amici che come lui hanno sempre vestito il “saio della modestia”, appartenendo a quel realismo di chiara interpretazione, sostenendo certi gruppi di avanguardia soltanto per ovvi motivi di giuste e positive ricerche. Nonostante ciò le sue opere figurano nei Musei, nelle Pinacoteche e nelle Gallerie pubbliche di tutto il mondo. Sono stati i suoi capolavori, tutte le sue opere a farsi richiedere come del resto fanno ancor oggi; furono le stesse a farlo chiamare all’Istituto Statale del Libro di Urbino in veste di insegnante di calcografia e materie affini.           

[…] Giuseppe Mainini non ha mai chiesto ad illustri amici (oggi è di moda) e conoscenti di farlo “insignorire”, immetterlo cioè nell’area di potere artistico. Tutt’altro! Non è stato mai né un “alluminatore” né un “amanuense”; né per miniare o decorare: ritratti o pergamene, né per fare come gli antichi schiavi lo scribacchino a mano, o il copista o per redigere atti pubblici o privati.           

[…] Alle parole di certi critici o di pseudo maestri, invitanti ad aprire anche ai nuovi indirizzi o movimenti artistici, rispondiamo che non saranno mai questi a farci aumentare la “cultura”… anzi… Noi restiamo fermamente legati all’arte dei Pirrone, Mainini, Luchetti e degli altri grandi artisti perché… ricordiamo ancora le sagge parole dette dall’insigne artista Domenico Purificato – Direttore dell’Accademia Arti Brera di Milano – in occasione dell’intervista gentilmente concessaci a Recanati nel mese di giugno 1976…           

Dal dopoguerra in qua sono sorte un’infinità di correnti, da quelle che rimanevano ancorate al figurativo, sia pure sottoposto al gusto moderno, sino a quelle della più spinta avanguardia sul piano dell’astrattismo. Ci si abbandonava all’estro, ad un intellettualismo vestito di panni artistici, ingenerando una confusione di stili, di maniere, ecc.”.            

[…] La pittura di Mainini – naturale e spontanea – offre all’osservatore non soltanto la visione meravigliosa di ogni tema con encomiabile cura svolto, ma l’invito all’esame su quanto si può leggere con lineare chiarezza.           

I paesaggi con passaggi equilibrati, da collina a collina, la ricchezza di piante, di piccoli centri abitati, offrono la medesima sensibilità cromatica dell’arte ed è un godimento che entusiasma e rende sereno anche il più profano.           

[…] Acqueforti: “L’aratura” (1930)… è forse quella che può definirsi: l’esaltazione della vita agreste. Mainini a 32 anni era già nella piena maturità artistica. “L’aratura” non  rappresenta soltanto il capolavoro che centinaia di pubblicazioni, nel mondo, hanno portato in visione, ma la descrizione poetica sul lavoro dei campi. La folta piantagione degli ulivi, illuminati da un sole incerto, avvicinato da un gioco splendido di nubi promettenti al contadino, che con voce lenta incita i buoi, chiamandoli per nome, a tirar con costante continuità l’aratro che apre il solco, rivoltando la terra e così prepararla per ricevere il seme che dovrà fecondare, la pioggia necessaria per la germinazione.            

Gli olivi sembrano ombrelloni, con le migliaia e migliaia di foglie, esili e grigie; i rami abbastanza contorti carichi del prezioso frutto che si avvia a maturazione. I tronchi, dalle forme varie, grossolane e sgraziate, goffe e malconce, meritano tutta l’attenzione del contadino per il raccolto non più lontano. Il paese si intravede tra le piante, mentre i buoi sono sotto sforzo e la terra si manifesta nella veste ricca di colori, illuminati attraverso pallidi raggi solari. Il gioco delle ombre, invitanti al riposo, entusiasma anche il contadino che guida con pacifica sicurezza il leggero aratro.           

[…] Ci sono le acqueforti come la “Piazza dell’Erbe di Verona”,  la “Chiesa di San Filippo di Macerata”, la “Loggia dei Mercanti”, il “Portale di S. Maria della Porta”, i “Tetti di Macerata”, le “Case vecchie di Ascoli Piceno” ecc. che rappresentano la perfezione, nel disegno tecnico e nella prospettiva. In ognuna si nota la ricca fantasia dell’artista che dà il tono di evidente vitalità. Rappresentano… unite, insuperabili, meravigliose visioni artistiche e tante, tante lezioni, chiare e lineari sull’urbanistica di ieri e di oggi.           

Tra  i  capolavori  vanno  annoverate  le  mini-acqueforti.  Molte  rappresentano diversi  ex libri.            

[…] Mainini in questi capolavori ha messo in chiara evidenza la maestria nell’uso del bulino. Un cesellatore della figura e del paesaggio, un insuperabile Maestro dell’incisione.           

[…] Ci sono poi, come nelle acqueforti, le mini xilografie.           

[…] Abbiamo dato l’ultimo posto alle litografie. “Dulcis in fundo” ed è così, siamo sempre ad ammirare quel capolavoro: “L’Apocalisse”! Le forze maligne che scatenano la loro ira, gli angeli che suonano la preannunciata resurrezione, palazzi e castelli che vanno in aria come foglie portate via dal vento; sembra intravedersi anche la Fenice, l’uccello favoloso che a cinquecento anni dalla sua morte vuol risorgere dalle ceneri; c’è il chiaror della vita che contrasta con le ombre che gradualmente si fanno tenebre. Qui non c’è soltanto la “classe e lo stile” del disegnatore, c’è la fantasia inventiva dell’artista. Basterebbe questo a dar lustro e vanto a Mainini.            

[…] Quante sono le opere che hai portato a termine? “Non le ricordo tutte… sono molte. Quando le rivedo, rimango sorpreso e dico a me stesso: Ma quando le hai fatte?”.            

[…] Con le sue opere e con la sua arte ha dato molta luce a tutti noi, tanto da ricordarci le parole del filosofo Denis Diderot: “Illuminate i vostri soggetti con il vostro sole, che non è lo stesso della natura”.            

[…] Le opere di Mainini, in avvenire parleranno e faranno parlare.           

[…] Parlerà anche la sua opera poetica, iniziata circa venticinque anni fa. I riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale gli hanno dato il merito di uomo ricco di umano sentimento. […] ».

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L'aratura
acquaforte - 1930
mm. 360x465
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Verona: Piazza delle Erbe
acquaforte - 1938
mm. 450x280
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Macerata: La chiesa di S. Filippo nel giorno di mercato
acquaforte - 1938
mm. 450x334
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Macerata: Loggia dei Mercanti
acquaforte
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Macerata: S. Maria della Porta
acquaforte
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Ascoli Piceno: Vecchie case
acquaforte
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'L'Apocalisse'
litografia - 1931 ca.
mm.347x237
Ultimo aggiornamento ( marted́ 04 agosto 2015 )
 
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